Ciao Raffaella! "Ci vediamo al Provveditorato occupato?"

Data pubblicazione: May 26, 2015 5:20:24 AM

Raffaella Maria Carrara ci ha lasciati. Era una docente di lettere, immessa in ruolo due anni fa dopo anni di precariato

E' stata protagonista discreta, intelligente, determinata, generosa, durante il periodo in cui, a Catania, il movimento dei precari era in prima linea nella lotta contro i tagli al personale della scuola operati dalla ministra Gelmini.

La vogliamo ricordare con una riflessione che Raffaela pubblicò durante il periodo dell'occupazione del provveditorato agli studi di Catania, quando, nel programmare la giornata, i precari del movimento e i loro sostenitori, si davano appuntamento, ogni pomeriggio, al PROVVEDITORATO OCCUPATO.

Ciao Raffaella!

___________________________

Ci vediamo al Provveditorato occupato?

20 ottobre 2009 alle ore 20.57

In quest’ultimo mese un luogo è divenuto per me particolarmente interessante e coinvolgente: il Provveditorato di Catania occupato. Lo spazio antistante gli uffici dell’ U.S.P. e il suo cortile interno sono, da cinquanta giorni a questa parte, il nostro spazio, la nostra piazza, un luogo di occupazione simbolica da parte dei veri attori protagonisti del mondo della Scuola e dell’Università e, dunque, un luogo di incontro e di scambio tra noi Docenti Precari e i Docenti di Ruolo, il Personale A.T.A., gli Studenti universitari e medi e i Precari della Ricerca sulle problematiche che ci riguardano in prima persona e ci affiggono fortemente in questa particolare e, a dir poco, devastante congiuntura.

Ogni pomeriggio si svolge alle ore diciotto un’assemblea; c’è chi la conduce, c’è chi ascolta attentamente; si può prendere democraticamente la parola, ognuno esprime liberamente e palesemente il proprio parere, le proprie proposte, le proprie critiche, se necessario. Si svolgono incontri con Politici e Sindacati; si formano dei gruppi di lavoro per l’elaborazione di documenti; si programmano momenti di studio e confronto e seminari di approfondimento in una prospettiva di sensibilizzazione e di interscambio anche con i più giovani e con i Genitori.

Si è creato, dunque, un vero e proprio “laboratorio di democrazia”.

Ma, al di là delle assemblee, questo spazio ”fisico” è divenuto anche il nostro spazio “mentale”, spazio che, naturalmente, siamo già stati abituati a vivere nelle stesse scuole e università, nei corsi di abilitazione, nelle conferenze, nei convegni … e, anche, nella dimensione del web 2.0, e nel quale riscopriamo il senso vitale delle occasioni che esso può offrire per lo scambio di contenuti ed esperienze; di mettere in rete idee e persone; di condividere notizie che, giunte nella nostra piazza, vengono immediatamente divulgate.

In questi giorni, in particolare, riviviamo l’importanza della fisicità di un luogo in cui ci si incontra di persona e magari ci si dà una pacca sulla spalla, ci si incoraggia reciprocamente, in cui si vive anche il significato dell’”integrazione” e dell’accoglienza nella nostra condizione di precarietà materiale ed esistenziale.

Coloro che in questi giorni passano dal Provveditorato occupato e partecipano alle assemblee riscoprono, forse, il loro senso di persone come soggetti che fanno interagire le proprie esperienze personali con quelle della collettività, della comunità culturale e “in lotta” di cui si sentono far parte.

Si auspica che l’esperienza che stiamo vivendo in questo “microcosmo” sia solo un punto partenza e si moltiplichi a dismisura, insomma si ponga come modello di una nuova forma mentis, di un nuovo modus vivendi.

Non è ardito pensare, in una situazione come questa e quasi come in un sogno, ad un vero e proprio ripristino della dimensione dell’agorà , la piazza della polis greca dove i cittadini uscivano dal loro spazio privato per sentirsi come parte di un tutto, cioè della cittadinanza. Stiamo, forse, vivendo un elemento determinante, un nuovo modo di comprendere le nostre potenzialità e di fare esperienza della nostra realtà; stiamo, in questi giorni, facendo un’esperienza “politica” a partire dal significato antico di questa parola da collegare alla polis greca in cui i cittadini si confrontavano tra di loro nella pubblica piazza avvicinando quasi totalmente la dimensione soggettiva a quella oggettiva.

Successivamente, in età moderna, la parola “politico” è stata attribuita solo allo Stato; per i Greci della polis, invece, il “politico” era semplicemente il contrario del “dispotico”. Per fare “politica”, in questo senso originario del termine, non vi sarebbe, dunque, la necessità “di farsi eleggere”, ma solo di vivere ed esperire una nuova mentalità per riuscire, in qualche modo, a “dominare” il contingente.

Raffaella Maria Carrara (Docente precaria - Catania)